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lunedì 1 aprile 2013

dopo un po' di tempo...

A volte mi perdo. Non geograficamente, quello è difficile, ma perdo qualcosa che potrebbe essere il senso della realtà, o la consapevolezza del tempo che passa, o chissà cos'è. .. comunque lo perdo. Per esempio, non riesco a richiamare alla mente il momento in cui ho cambiato città. Era  probabilmente il 2011, ma chi può dirlo con certezza ? Qui a Belluno le giornate passano tutte uguali, piove sempre, quando non piove nevica, oppure è grigio e tetro e basta, lo so perché tutte le volte che per caso mi sposto da questa conca che è la val Belluna trovo il sole dopo pochi chilometri. Ma questo non c'entra, si parlava d'altro. Del trascorrere del tempo, per l'appunto, e della strana sensazione generata dalla duplice condizione di osservatore e osservato. Osservatore, quindi esterno alla "realtà", svincolato dalla routine, asettico, e osservato, cioè attore della realtà, impegnato giorno per giorno... ecco, ma impegnato a far cosa ? A vivere, sembrerebbe, a trovare uno scopo per alzarsi, giorno dopo giorno, con la speranza di essere lì a costruire il proprio ... futuro. Anche l'attore stesso fatica a credere al suo ruolo, non riesce a vedere il suo futuro di cinquantatreenne perché un futuro non glie lo da nessuno, e anche se glie lo dessero... ce la farebbe a seguirlo, questo percorso verso il futuro ? Questo attore recita passabilmente il suo ruolo, ormai lo conosce, ma soprattutto si conosce, sa che non può più interpretare il ragazzo sveglio, veloce, ma ci prova comunque, perché questo il suo pubblico si aspetta da lui. Sicché con l'esperienza nasconde gli acciacchi, con un po' di "scuola" maschera la lentezza, finge di non aver sentito per mascherare il fatto che non ha capito, e così giorno dopo giorno arranca sulla strada che porta al nulla. E passa il tempo restante diviso tra la speranza di trovare lavoro, per cominciare a guadagnare e togliersi così da quella situazione di dolorosa dipendenza, e il terrore di essere chiamato, magari lontano da casa, lontano da quelle comodità che sembrano nulla ma... lontano da una precaria sicurezza, lontano da "casa", lontano da tutto, del tutto esposto alla sua inadeguatezza fisica e mentale. Il nostro attore tutto sommato è parecchio in gamba nell'interpretare il suo ruolo, anche l'osservatore lo può confermare, lui che vede più distante. Certo non può conoscere tutta la trama, che si svela davanti ai suoi occhi con poco preavviso, ma può vedere il quadro completo, e così vede la solitudine dell'attore, ne coglie l'umore, trae dai suoi silenzi il senso della sua recitazione, è in grado di sentire quello che l'attore sente, persino di percepire le sue speranze e frustrazioni, i suoi desideri... dev'essere proprio bravo quell'attore, l'osservatore è riuscito a cogliere i frammenti del suo ultimo incu........sogno.

L'altra notte ho sognato il mio suicidio.... beh non solo mio, e non semplicemente suicidio, magari una cosa più complessa: ricordo io, e lei  e altri due amici, anche loro un lui e una lei, in un cortiletto stile casetta a schiera inglese, con una staccionata di legno a separarci dai cortili delle casette di fianco, poi ricordo delle sedie a sdraio, tipo quelle della spiaggia, poi ricordo un altro amico con un fucile in mano, che si era reso disponibile ad aiutarci a partire, ricordo che stavo seduto sulla sdraio, ero tranquillo, quella serena tranquillità che deriva dalla consapevolezza di aver provato tutto quello che era possibile provare e di non avere più altra possibilità che quella di provare la cosa estrema, la separazione dal noto, per imparare qualcosa di diverso, mai provato prima in prima persona. Ricordo di aver detto al mio amico col fucile di non mirare alla  testa, per evitare di spargere sangue e cervello in giro, ma di sparare in direzione del cuore, poi ricordo di essermi rilassato sulla poltrona aspettando il colpo, e ricordo l'impatto del proiettile con la mia carne, e un senso di perdita di pressione, come se fossi un pallone gonfiato che si affloscia lentamente. Poi ricordo di aver chiuso gli occhi, nessun dolore, come direbbe Lucio Battisti, e una sconfinata felicità.
Peccato che poi mi sono svegliato.

Merda.

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