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lunedì 6 settembre 2010

Volareeeee

Già... a volte si vola, e non si capisce come avvenga: solo due minuti prima sentivi il tuo corpo pesante legato a terra, affossato dalla gravità e poi, d'un tratto ti pare di intuire, di immaginare una brezza, arriva alle spalle, soffia un po' di più ed ecco che ti sollevi, cominci a fluttuare, non stai ancora volando, ma ti ricordi le sensazioni dell'ultima volta, ti sembra naturale ricominciare a farlo, acquisti sicurezza, provi qualche movimento, galleggi su e giù, a volte ti sembra di salire in alto, a volte scendi fin quasi a terra, ma ... stai volando, e ti chiedi come diavolo hai fatto a restare senza queste sensazioni per così tanto tempo, e ti chiedi come potrai più farne a meno in futuro.
Beh, un consiglio: cercate di volare basso, ma molto, molto basso, le brezze sono infide, vi mollano proprio sul più bello, e a cadere ci si fa male, molto male.

giovedì 10 giugno 2010

l'Asia dietro l'angolo.


Oggi voglio parlarvi di un posto dove mi sento a casa, un luogo elegante e discreto al tempo stesso, con una atmosfera tranquilla, con della bella musica lounge–chill out di stampo orientale, con un arredamento etnico molto ben scelto, uno di quei posti che ti fanno pensare “Per fortuna è qui e non a 100 chilometri da casa”. E un locale dove vado quando voglio coccolare la mia “fame” di Cina, ma non solo, perché ci si trovano anche suggestioni Thailandesi, Vietnamite e Giapponesi, tutte preparate con impagabile maestria dal titolare e dal suo staff, in cucina, e presentate e servite con altrettanta maestria e grazia dalla sua signora in sala. Un servizio che ti coccola, competente e attento senza essere mai invadente.
Oltre alle cose che si trovano in uno qualsiasi dei milioni di ristoranti cantonesi in giro per tutta l'Italia qui incontro preparazioni sconosciute, che in un appassionato assaggiatore come me evocano sensazioni sempre nuove e stimolanti: parlo ad esempio degli antipasti, sia al vapore che fritti, delle buonissime melanzane con pollo, mai trovate da nessun'altra parte, o delle costolette d'agnello nella pentola di coccio, o del vitello alla thailandese, delle costicine di maiale all'imperiale, o semplicemente sale e pepe e di tante altre ricette, alcune ancora a me sconosciute.

Profumi, colori e gusti che mi fanno sognare. Se volete anche voi sperimentare questa magia, non dovete fare altro che recarvi a Voltabarozzo (PD) e proseguire verso la tangenziale. Proprio prima della tangenziale, (o all'uscita 12 a destra se venite da Padova Est, o a sinistra se venite da Padova Sud) trovate il ristorante Singapore, aperto tutti i giorni sia a pranzo che a cena, e volendo anche take-away.

lunedì 8 marzo 2010

I fiori dell'inverno

lunedì 22 febbraio 2010

Me ne sto placidamente a sciacquettare nell'acqua, allungato nel tiepido fluido che mi fa un po' galleggiare, come faceva Archimede quando disse “EUREKA”, con l'accento sulla prima E, aoristo (passato remoto) di EURISKO... significa “HO TROVATO” mentre se lo leggi con l'accento sulla seconda E diventa l'aoristo di OUREO e significa “HO FATTO LA PIPI”. So che tutti i classicisti a questo punto stanno febbrilmente controllando le proprie grammatiche greche per verificare la correttezza di questa informazione, ma è tempo perso, quello che dico è SOSTANZIALMENTE se non formalmente corretto, perché è quello che ci insegnavano gli studenti anziani al liceo, quando eravamo sbarbatelli di 4° ginnasio, quindi è assolutamente inutile stare a sottilizzare. Adesso che sono cresciuto so che forse si dice Ούρησα, ma del resto se cerco di tradurre in greco la frase "ho trovato" ottengo questo βρέθηκε che non è esattamente la stessa cosa. Ad ogni modo questo rientra nell'aneddotica che pervade questa narrazione, quindi ... quindi. Sicuramente Archimede mentre lo diceva non voleva affatto parlarci delle sue evacuazioni, ma del principio secondo il quale un corpo immerso in un liquido riceve... si, lo so, pochi di voi lo sanno, e agli altri non interessa nulla, quindi proseguo seguendo il filo dei miei pensieri. Il filo è in realtà una grossa matassa che mi immagino richiederà un bel po' di tempo per essere “dipanata”, come dicevano le nostre nonne, e in effetti, “Tempus Fugit”, il tempo fugge, meglio darsi una mossa.

Ho un ricordo della mia infanzia, credo sia il primo ricordo cosciente che ho di me stesso, e del mio mondo di allora, e risale a quando avevo quattro anni; ho provato più volte ad andare indietro con la memoria a periodi più remoti, ma ho sempre cozzato (che con le cozze non c'entra nulla) contro un muro gommoso e buio. Va bé dicevo di questo ricordo, che tuttora, a ripensarci, mi provoca stupore per la chiarezza con la quale ho razionalizzato e incasellato certi concetti in maniera del tutto inaspettata: ricordo che ero in casa, il grande appartamento dove viveva la mia famiglia, i miei genitori, mia sorella minore ed io, e ricordo che era estate, le finestre erano aperte a far entrare l'aria calda del primo pomeriggio. Una radio faceva sentire della musica “moderna” mentre io, bel frugoletto quattrenne sfrecciavo sulle mie gambette percorrendo, mezzo correndo e mezzo scivolando sulla suola di feltro delle mie pantofole di panno blu, il lungo corridoio a L che portava verso la camera da letto dei miei genitori dove stava la fonte della mia eccitazione: nella culla di vimini dormiva la mia nuova sorellina, la più piccola, l'ultima arrivata. Nessuno protestava, nessuno alzava la voce o berciava perché stavo correndo come un matto, nessuno si preoccupava delle mie intenzioni: o dormivano tutti, o la fiducia in me, pikkolo pampino, era smisurata. Di fatto nemmeno io sapevo perché correvo, né cosa cercavo, ma l'eccitazione era in me, come è normale che sia a quell'età; e difatti arrivato in camera mi affacciai alla culla, dando un'occhiata di sfuggita alla bimba che dormiva, e mentre mi ritiravo deluso senza fare il minimo rumore, pensavo alla musica che si sentiva in lontananza alla radio, riflettendo su come si potesse fare una canzone soltanto dicendo “Sha-la-la”. Ed era in quel momento così chiaro in me il concetto di canzone, di testo coerente, di “Sha-la-la”, che ancora adesso non riesco a spiegarmelo.

Da quel momento in poi, da quel primo ricordo che introduce la figura della “sorella minore minore” tanto per parafrasare i giapponesi, e che sfortunatamente la “sorella minore maggiore” vede esclusa per motivi di età (ha solo un anno meno di me, non avrei mai potuto ricordarmela in questa maniera), i miei ricordi, si mischiano ai ricordi che i miei parenti in un primo momento, e i miei amici in seguito, hanno di me, offrendo ad un occasionale spettatore la possibilità di confrontare le varie realtà, sempre ammesso che riesca a trovare un catalogo di ricordi esaustivo almeno quanto questo. Già, perché qui si trovano ricordi originali, in massima parte, usati ma tenuti bene, che potrebbero essere utili a un sacco di persone per ricostruire i momenti salienti della propria vita, oppure per fare un po' di conversazione svagata, giusto per non parlare del tempo:

“Ti ricordi quella volta che Nicola ...”
“Si, ma non era quella volta li...è successo dopo, quando aveva... quanto avrà avuto... sette anni?”

Niente di che, sia chiaro, ero un bimbetto molto tranquillo, magari troppo, visto che poi i miei si preoccuparono.... ma questo viene dopo.

Non passa molto tempo da quella folgorazione pomeridiana, del tutto estemporanea e chiusa in sé stessa come uno scrigno segreto e impenetrabile ed ecco che compare il ricordo di quando affrontai il primo giorno di “asilo”. Ancora adesso che ho quasi cinquant'anni non riesco a spiegarmi perché i miei spendessero soldi per mandarci all'asilo, visto che la mia mamma non lavorava; presumo che gestire tre di noi contemporaneamente fosse un carico non indifferente (ma lo presumo adesso, visto che allora sarei stato volentieri a casa). Insomma, quel primo giorno di asilo, in un posto lontano da casa, pieno di suore non me lo scorderò mai, almeno nei suoi tratti essenziali. Di fatto eravamo io e la “sorella minore maggiore”, accompagnati dal papà, ad addentrarci in quegli antri oscuri e minacciosi con una unica uscita verso un giardinetto con un mucchio di sabbia e un sacco di quei fiorellini dai petali blu col centro azzurro chiamati “gli occhi della madonna” casualmente disposti attorno ad una statua della Madonna. La sorella minore maggiore se la passava tranquillamente con gli altri bimbi della classe, io invece cominciavo a manifestare segni di disappunto e di sconforto tanto da mettermi a piangere chiamando papà... e miracolo: lui era di la del muro, quasi salito in macchina ma non del tutto, pronto per tornare a casa. Tra le lacrime gli urlai la mia richiesta al di là del muro: il secchiello e la paletta per giocare con la sabbia, e lui assicurandomi che me li avrebbe portati al più presto se ne andò. Temo che la mia fiducia nel genere umano abbia avuto inizio in quel preciso momento di quel preciso giorno: quale padre si sarebbe tirato indietro di fronte a tale accorata richiesta? Rimasi speranzoso in attesa, caparbiamente inchiodato a terra a un metro dal cancelletto di servizio, aspettando il mio papà con secchiello e paletta. A nulla valsero i richiami severamente affettuosi delle suore, io stavo li, aspettavo, con l'incrollabile fiducia dei miei cinque anni. E aspettavo... e aspettavo... e dopo un tempo che sembrava già ora di andare a casa, e invece erano passati solo dieci minuti, ecco che sento la voce del papà, da dietro il cancello che mi chiama:
“Nicola, sei li ?”
“SI” – grido tra l'eccitazione e la commozione.
“Occhio che arriva” grida la voce da li dietro, e con una parabola elegante il mio secchiello rosso con le figurine bianche disegnate, e la mia paletta blu DI FERRO atterrano davanti ai miei piedi. Oh miracolo, oh meraviglia, oh legame col mondo esterno, degli oggetti appartenenti alla mia vita, al mio mondo riescono a entrare in questo mondo, che di colpo perde ogni aspetto minaccioso, e diventa semplicemente un luogo da esplorare.

Di quel luogo conservo pochissimi altri ricordi: l'insegnamento del francese, i telai dove ci esercitavamo a fare il nodo asola (quello delle scarpe), i tentativi vani di attaccare briga con l'attaccabrighe della classe (che mi snobbava regolarmente). Insomma, poco o niente da segnalare, tanto che se non ci pensassi non ci penserei, e di conseguenza non ricorderei. Eppure ogni volta che passo davanti a quel portone, in via Giotto, qualcosa dentro di me ancora si muove, e dall'alto dell'autobus cerco di guardare dentro il giardino, dietro quel cancello chiuso, cercando di scorgere, se ancora ce ne sono, bambini in cerca di rassicurazione, e papà pronti a offrirne...

Mi sa che da li a poco cominciai ad andare a scuola.

venerdì 12 febbraio 2010

33° Coppa America, prima sfida

Oggi pomeriggio ho visto la prima sfida tra il Defender Alinghi e il Challenger BMW Oracle nelle acque di Valencia. A prescindere da tutte le strategie e le pretattiche, parliamo di potenza pura... BMW sembra davvero di un'altro pianeta.

Sul primo bordo di bolina Alinghi parte in vantaggio, nonostante (o forse a causa) di un contatto che le frutterà una penalità, e sembra volare, infatti in poco tempo acquisisce un buon vantaggio. BMW insegue senza demordere, non c'è separazione di rotte sul campo di regata, e la rincorsa inizia. Oracle sembra sempre più "sbandato" di Alinghi, sembra avere sempre più vento, anche se forse non è corretto impostare il discorso in questi termini: la struttura delle due imbarcazioni è diversa e quindi anche il comportamento al vento. Ma è un dato di fatto che gli americani con la sola "randa" cioè con la struttura alare, senza alcuna vela di strallo rimontano rapidamente l'imbarcazione svizzera, la sorpassano e arrivano in boa con oltre 1200 metri di vantaggio.

Il lato cosiddetto di poppa (non ci sono gennaker, il mostravento di Oracle sembra far pensare ad un traverso, a causa della elevata velocità dell'imbarcazione, circa 25 nodi) non offre alcuna novità rispetto al bordo di andata. La distanza tra le due imbarcazioni si assesta sui 3200 metri e senza alcun colpo di scena Alinghi taglierà il traguardo con 15 minuti di ritardo rispetto agli statunitensi.

La regata si è svolta con un vento iniziale di circa 5 nodi, rinforzato in certi passaggi fino a 12/15 nodi, un vento che avrebbe dovuto teoricamente privilegiare la barca svizzera, più leggera; il fatto che sia successo il contrario, unito alle notizie di Oracle testato in oceano con venti fino a 25 nodi e velocità attorno ai 41 nodi non promette niente di buono per il defender. Resta da sperare per domenica in un vento altrettanto stabile ma più debole e in una condotta di gara meno conservativa e più aggressiva.

Un ultimo commento: al di la dello spettacolo magnifico che questi due mostri offrono alle telecamere, al di la del ritorno alla formula standard della Coppa America come competizione tra le due barche le più forti che si possano attrezzare, rimane la nostalgia per il grande spettacolo offerto dalle precedenti edizioni della manifestazione, dal gran numero di sfidanti e di regate, dalla durata dell'evento che permetteva anche a noi marinai "terricoli" di godere della copertura mediatica dell'evento e di conseguenza di tante ore di bello spettacolo televisivo.


sabato 6 febbraio 2010

Barzellettina

A New York è stato appena aperto un nuovo negozio dove le donne possono
scegliere e comprare un marito. All'entrata sono esposte le istruzioni su come
funziona il negozio:
PUOI visitare il negozio SOLO UNA VOLTA.
Ci sono 6 piani e le caratteristiche degli uomini migliorano salendo.
Puoi scegliere qualsiasi uomo ad un piano oppure salire al piano superiore.
Non si può ritornare al piano inferiore.
Una donna decide di andare a visitare il Negozio di Mariti per trovare un
compagno.
Al primo piano l'insegna sulla porta dice: Questi uomini hanno un lavoro. La
donna decide di salire al successivo.
Al secondo piano l'insegna sulla porta dice: Questi uomini hanno un lavoro e
amano i bambini. La donna decide di salire al successivo.
Al terzo piano l'insegna sulla porta dice: Questi uomini hanno un lavoro, amano
i bambini e sono estremamente belli. "Wow" pensa la donna, ma si sente di salire
ancora.
Al quarto piano l'insegna sulla porta dice: Questi uomini hanno un lavoro,
amano i bambini, sono belli da morire e aiutano nei mestieri di
casa."Incredibile" esclama la donna, "Posso difficilmente resistere!" Ma sale
ancora.
Al quinto piano l'insegna sulla porta dice: Questi uomini hanno un lavoro,
amano i bambini, sono belli da morire, aiutano nei mestieri di casa e sono
estremamente romantici. La donna è tentata di restare e sceglierne uno, invece
decide di salire all'ultimo piano.
Sesto piano : sei la visitatrice N° 31.456.012 di questo piano, qui non ci sono
uomini, questo piano esiste solamente per dimostrare quanto sia impossibile
accontentare una donna. Grazie di aver scelto il nostro negozio.

Di fronte a questo negozio è stato aperto un Negozio di Mogli.

Al primo piano ci sono donne che amano far sesso.
Al secondo piano ci sono donne che amano far sesso e sono ricche.

I piani dal terzo al sesto NON SONO MAI STATI VISITATI

sabato 30 gennaio 2010

Sport Americani

C'è qualcosa che non mi torna, nella diffusione degli sport americani attraverso i canali televisivi. Si riesce a vedere (in chiaro) tutto il campionato di Basket NBA, in passato si vedeva quello di football (NFL), a volte si vedono anche le opartite di hockey (NHL). Eppure dello sport americano per eccellenza, lo sport di Charlie Brown, neanche un fotogramma. Parlo del Baseball, che si vedeva a malapena su Sky (mitico il commento di Faso e Elio). E anche nella fiction, o nei telefilm americani, si vedono i mariti grassi e pigri che guardano alla TV ... il football, i ragazzi vanno al college e giocano a football, o a basket. Ma che ne è del Baseball ? Di tutti quei film bellissimi che parlano di Baseball in termini a volte mistici, a volte scanzonati, a volte molto tecnici cosa resta nella vita reale ? Perché non si vede, non se ne parla, non se ne sa nulla ?? Parlo di "Mister 3000", di "Bull Durham un gioco a 3 mani", di "L'uomo dei sogni", di "Ragazze vincenti", "Il migliore" e di tanti altri
Di fronte a una filmografia estesissima non si ha alcun riscontro sportivo. Che tristezza...

giovedì 14 gennaio 2010

Un mese e un giorno fa moriva mia zia, la sorella di mio padre. Io e le mie sorelle l'abbiamo scoperto oggi tramite una conoscente in comune. Avevamo perso da molto tempo la consuetudine di sentirci, come facevamo quando io ero un ragazzo, la vita ci aveva allontanato senza che fosse successo nulla di traumatico. Ci si ritrovava ai funerali, biascicandoci addosso parole di conforto senza profondità.
Perché è successo questo ? Non lo so, non lo scoprirò mai, credo; so che era terribile pensare a lei e domandarsi "Di cosa parleremmo se ci rivedessimo?". Ora non la rivedrò mai più, non posso più nemmeno chiedermi di cosa le parlerei o di cosa mi parlerebbe.
Mi spiace zia, addio.

lunedì 11 gennaio 2010

Oggi ho inventato un nuovo proverbio:

Per ogni porta che si chiude ... ce n'è un'altra che si chiude.

P.S. Stanotte un ignoto ha tagliato la guarnizione del finestrino laterale del furgone aziendale che uso per lavorare, e si è portato via il vetro. Tutto sommato è stato un ladro onesto, ha preso solo quello, ma la cosa non mi ha fatto piacere ugualmente.

Della serie la fortuna non esiste, la sfiga si.

Chissà se c'è un qualche trucco per fare in modo che la sfiga vada a rompere le palle a qualcun altro. Se qualcuno lo conoscesse me lo faccia sapere.

sabato 2 gennaio 2010

E così ci siamo

Sono arrivato a vedere il 2010, è un traguardo anche questo.

Ogni tanto ripenso a quando ero ragazzo e pensavo che nel 2000 avrei avuto quarant'anni.
L'idea della cifra tonda mi piaceva, quadrava il cerchio, ma l'idea di avere quaranta anni mi atterriva, mi sentivo già vecchio.

Ora che ne ho dieci di più e conservo la stessa testa da ragazzino mi piacerebbe tornare indietro al 2000. Del senno di poi son piene le fosse, diceva sempre mia madre, ed è vero, ma quante cose potrei cambiare se solo tornassi indietro di 10 anni... e poi mi chiedo se veramente riuscirei a cambiare qualche cosa, e scivolando nel paradosso temporale rifletto sul fatto che se cambiassi davvero qualcosa adesso non potrei scriverne perché la vita mi avrebbe portato ad altre situazioni.

Certo che l'idea di macchina del tempo è affascinante, a chi non piacerebbe poter manipolare il proprio oggi ritoccando, nel passato, qualche errore, qualche situazione sbagliata?

Ad ogni modo sono qui, adesso, vivo la mia vita e quello che sono è semplicemente la somma delle mie esperienze. E' per questo che sono unico e irripetibile.

Buon 2010 a tutti